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Tiger Boy (2012), il Corto di Gabriele Mainetti Graffia Più di Un Lungometraggio

08/06/2025 09:00

Vito Sugameli

Cortometraggi, Corti, Gabriele Mainetti,

Tiger Boy (2012), il Corto di Gabriele Mainetti Graffia Più di Un Lungometraggio

Già nel 2012 Gabriele Mainetti aveva dimostrato una voce originale e un talento visivo raro girando un piccolo grande cortometraggio: Tiger Boy.

Quando si parla di Gabriele Mainetti il pensiero corre immediatamente a Lo chiamavano Jeeg Robot. Eppure, già tre anni prima, Mainetti aveva dimostrato una voce originale e un talento visivo raro girando un piccolo grande cortometraggio: Tiger Boy.

Quando si parla di Gabriele Mainetti, il pensiero corre immediatamente a Lo chiamavano Jeeg Robot, film con il quale nel 2015 ha dimostrato che il cinema italiano poteva fare molto ma molto di meglio che realizzare in serie drammoni pseudo autoriali. E il supereroe di borgata di Mainetti non solo ha sbancato il box office italiano ma è diventato un cult contemporaneo, grazie anche alle interpretazioni di Claudio Santamaria e Luca Marinelli. Dopo l'avventura di Freaks Out nel 2021, il regista romano è tornato nel 2025 a stupirci realizzando La città proibita: un film di kung-fu ambientato nel quartiere Esquilino di Roma. Ancora una volta, il mio consiglio è: non ve lo perdete.

Se te lo stai domandando, Gabriele Mainetti non è arrivato dal nulla a girare Jeeg Robot e La città proibita. Già nel 2008 con Basette, omaggio a Lupin III in salsa romana (ne avevo parlato qui), aveva dimostrato di avere una voce originale e un talento visivo raro. Con Tiger Boy ha semplicemente confermato l'eccezione alla regola. In appena quindici minuti, Mainetti riesce a raccontare una storia che colpisce allo stomaco, senza mai scadere nel retorico o nel melodrammatico, dimostrando (se mai ce ne fosse bisogno) che dirigere un corto non è un semplice esercizio di stile: un breve film può avere una potenza narrativa pari – e in certi casi superiore – a quella di un lungometraggio. Ti racconto perché Tiger Boy è un piccolo gioiello da recuperare assolutamente, soprattutto se lavori o aspiri a lavorare nel mondo del cinema.

Tiger Boy: Trama Semplice dal Peso Enorme

Tiger Boy racconta la storia di Matteo, un ragazzino di periferia, introverso e silenzioso, che vive un disagio che inizialmente non viene esplicitato. Lo capiamo poco per volta, dai disegni che il bambino realizza ossessivamente e dalla maschera da tigre che indossa per gran parte del film (oltre che dal titolo del corto, ovviamente!): il protagonista, Tiger Boy, cerca una forma di fuga dalla realtà.


La vicenda si svolge quasi interamente tra la scuola e la casa di Matteo, due ambienti che sembrano incapaci di proteggerlo o di comprendere cosa stia realmente vivendo.


Solo verso la fine del film emerge, in tutta la sua crudezza, la verità (attenzione spoiler): Matteo è vittima di abusi da parte di un uomo che si finge amico della famiglia. La maschera da tigre, simbolo di forza e ferocia, è il suo unico scudo per affrontare una situazione che lo sovrasta. Il finale, senza svelare troppo, ha la forza di un pugno nello stomaco: lascia lo spettatore senza fiato ma riesce a non cadere nel compiacimento e nel sensazionalismo. E Mainetti è in grado di trattare un tema così delicato con rispetto, misura e potenza visiva.

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La Regia di Mainetti: Una Lezione di Cinema

Chi già conosce il cinema di Mainetti ritroverà in Tiger Boy molti dei suoi tratti distintivi: la scelta della periferia romana come ambientazione (e non come semplice sfondo); l’attenzione alla fisicità e alla caratterizzazione dei personaggi; il tono sospeso tra il realistico e il fumettistico, capace di trasformare un dramma intimo in una sorta di origin story da supereroe. Anche se qui non ci sono poteri soprannaturali, ma solo la dura realtà. Il ritmo narrativo è costruito alla perfezione e non perde mai un colpo, nonostante la durata ridotta. Anche dal punto di vista registico, Tiger Boy è un esempio perfetto di come si possa raccontare una storia intensa con pochi mezzi, ma con grande consapevolezza del linguaggio cinematografico: la macchina da presa segue Matteo con discrezione, senza mai spettacolarizzarne il dolore; le inquadrature sono essenziali, i movimenti di camera misurati, la fotografia realistica ma mai piatta.

Dal punto di vista tecnico, Tiger Boy è un piccolo manuale di buone pratiche per chiunque lavori nel settore video o voglia approcciarsi alla regia. Sceneggiatura asciutta e funzionale, che costruisce tensione senza spiegoni o dialoghi superflui; montaggio serrato, che non lascia spazio ai tempi morti e accompagna lo spettatore senza forzature fino alla rivelazione finale. Anche la colonna sonora fa la sua parte: minimale, lascia spazio ai suoni ambientali e al respiro dei personaggi, aumentando la sensazione di disagio e claustrofobia. Le scelte di casting, infine, sono azzeccatissime: il giovane protagonista Leonardo Della Bianca regge la scena con una naturalezza sorprendente, affiancato da un cast adulto che recita con estrema credibilità.

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Tiger Boy: un Messaggio che va Oltre lo Schermo

Tiger Boy riesce a lasciare un segno profondo. Non solo per la tematica che affronta, ma per il modo in cui lo fa: senza retorica, senza morbosità, senza compiacimenti. Il film ci ricorda che la vera forza narrativa sta nella semplicità e che a volte bastano pochi minuti per scuotere lo spettatore più di quanto riescano a fare interi film da due ore. Non a caso il corto ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui una menzione speciale ai Nastri d’Argento, ed è stato selezionato in importanti festival internazionali: è l'ulteriore dimostrazione che un cortometraggio ben fatto può girare il mondo e parlare a un pubblico globale.

Se sei un videomaker, un filmmaker o un appassionato di narrazione visiva, Tiger Boy è un 'opera che merita di essere studiata. Non solo per le soluzioni tecniche, ma per il modo in cui Mainetti riesce a costruire un universo narrativo credibile e potente in pochissimi minuti. Questo corto dimostra che non servono budget milionari nè un cast di star per raccontare una storia universale e per emozionare. Non serve neppure allungare i tempi, ma solo costruire tensione e coinvolgimento attraverso una visione chiara, una voce autentica e il coraggio di affrontare temi difficili con onestà e rispetto, ragionando fuori dagli schemi.

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Tiger Boy è disponibile gratuitamente su YouTube, sul canale ufficiale Premio David di Donatello - Accademia del Cinema Italiano, a questo link. Un'occasione perfetta per scoprire (o riscoprire) un piccolo grande corto che ha aperto la strada a uno dei registi più interessanti del nostro cinema. E tu, conoscevi Mainetti e il suo corto Tiger Boy? Raccontamelo nei commenti.